Il libro manoscritto di Maestro Martino si intitola: il Libro de Arte Coquinaria (1450-1467). Per la prima volta è conosciuto l’autore.

La scoperta delle ricette
Di Martino non si parlò più fino al giorno in cui, nel 1927, l’americano di Chicago Joseph Dommers Vehling ebbe la fortuna di venire in possesso di un codice cartaceo quattrocentesco, composto da 65 fogli di cm 21,5 per 13,5, rilegati in pelle con piatti di legno, recante nell’intestazione la scritta

“LIBRO DE ARTE COQUINARIA – COMPOSTO PER LO EGREGIO MAESTRO MARTINO – COQUO OLIM DEL REVERENDISSIMO MONSIGNOR CAMORLENGO – ET PATRIARCHA DE AQUILEIA”

Un ricettario ricco di dettagli, al contrario dei precedenti che erano indirizzati agli addetti ai lavori. Composto tra il 1450 e il 1467 il testo è considerato un caposaldo della letteratura gastronomica italiana che testimonia il passaggio dalla cucina medievale a quella rinascimentale. Chiaro e ben suddiviso, dallo stile preciso ed immediato, il testo è pensato per essere capito e usato da tutti scritto in lingua volgare.

All’interno del libro i piatti non compaiono come una semplice lista di ricette ma, come in un trattato, gli alimenti sono separati coscienziosamente, in ordine di portata e per tipologia di ingredienti, in modo molto moderno. Martino, inoltre, ci suggerisce il rapporto tra le quantità e il numero di commensali, indicando recipienti e tempi di cottura – scanditi in preghiere, ancora a sottolineare il valore popolare dell’opera – arrivando a suggerire delle varianti per alcuni ingredienti nel caso in cui fossero di difficile reperibilità.

Et un’altra volta lo lassarai bollire per spatio quanto diresti un miserere

Et lassali bollire per spatio de doi paternostri

Per fare ova tuffate con la sua cortece (uova sode), et falle bollire per spatio d’un paternostro o un poco più, et cavale fore

Suggerisce delle varianti per alcuni ingredienti nel caso sia stato difficile trovarli. Oggi siamo abituati a leggere ricette scritte così, ma l’impatto che produssero al loro primo apparire fu eclatante.  Ispirandosi alle ricette del passato, Maestro Martino le ha reinterpretate secondo lo spirito innovatore del Rinascimento: le sue indicazioni risultano molto chiare, semplici e comprensive, definendo così il modello gastronomico italiano.

La parola POLPETTA

Questa parola, che conosciamo tutti, è stata scritta per la prima volta da Martino nel suo Manoscritto, come pure la parola Frittella. Possiamo quindi affermare che la parola POLPETTA è stata scritta e diffusa per la prima volta da un bleniese.

Per fare polpette de vitello o de altra bona carne
In prima togli de la carne magra de la cossa et tagliala in fette longhe et sottili et battile bene sopra un tagliero o tavola con la
costa del coltello, et togli sale et finocchio pesto et ponilo sopra la ditta fetta di carne. Dapoi togli de petrosimolo, maiorana et de bon lardo et batti queste cose inseme con un poche de bone spetie, et distendile bene queste cose in la dicta fetta. Dapoi involtela inseme et polla nel speto accocere. Ma non la lassare troppo seccar al focho.

 

La parola FRITTELLA
Anche  questa parola compare per la prima volta nel Manoscritto di Maestro Martino.