Il manoscritto

È il ricettario manoscritto di Maestro Martino: il Libro de Arte Coquinaria (1450-1467).

Ne sono rimasti quattro esemplari:

1. Il Buehler n. 19, conservato alla Pierpoint Morgan Library di New York

 

2. L’esemplare conservato alla Library of Congress di Washington (che riporta nell’intitolazione una dedica al cardinale Ludovico Trevisan)

 

3. LUrbinate Latino 1203, Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana conservato presso il Vaticato Urbinate, noto come Anonimo Catalano

    4. L’esemplare conservato presso l’Archivio storico comunale di Riva delGarda (che riporta nell’intitolazione una dedica al nobiluomo Giangiacomo Trivulzio)

    Il Manoscritto di Maestro Martino

    Foto del Manoscritto originale di Riva del Garda intitolato Libro de Cosina (o Libro de arte coquinaria).


    Esiste un altro esemplare più prezioso, in pergamena, decorato, le cui tracce si sono perse nel 1970 dopo ripetuti passaggi di proprietà.


    Il Manoscritto di Riva del Garda
    Reca il titolo e l’autore, ma anche il nome del nobile milanese Gian Giacomo Trivulzio al quale fu dedicato:

    «Libro de cosina composto et ordinato per lo egregio homo magistro Martino di Rossi de la Valle de Bregna, Mediolanensis diocessis, descenduto de la ville de Turre, nato de la casa de Sancto Martino Vidualis, coquo del illustre signore Iohanne Iacobo Trivulzio etc. expertissimo in questa arte et como legerai prudentissimo».

    Perchè questa dedica?
    Si ipotizza che le ricette siano state usate per il banchetto delle nozze del figlio del Trivulzio, Giovan Nicolò (1479-1512), con Paola Gonzaga (1486-1519), figlia di Rodolfo Gonzaga, del ramo di Castiglione delle Stiviere.

     

    L’Accademia della pasta Barilla scrive: “Il Libro de arte coquinaria di Maestro Martino è una pietra miliare della cultura gastronomica italiana proprio perché sistematizza tutto lo scibile, relativo alla cucina, dal tardo Medioevo all’inizio del Rinascimento”.

     

    De honesta voluptate et valetudine

    La gastronomia italiana del ‘400

    Il De honesta voluptate et valetudine è considerato il primo fra i libri di cucina a stampa divulgati in quella che oggi chiamiamo Italia. Stampato per la prima volta a Roma in lingua latina nel 1474, poi a Venezia nel 1487 in italiano e, quindi, in tutta Europa. E’ stato tradotto in francese, tedesco e inglese.

    Il De honesta voluptate et valitudine include ancora la tradizione di un ricettario di cucina del Quattrocento, ma colpisce la sua innovazione per il suo sorprendente e rivoluzionario modo di vedere e classificare cibi e preparazioni e di procedere a proposte di valorizzazione dei cibi stessi.

    Particolare pagina De honesta voluptate et valetudine

    Bartolomeo Sacchi, detto il Plàtina, è stato un umanista e gastronomo italiano che stampò per la prima volta il volume a Roma tra il 1473 e il 1475 senza note tipografiche e in modo anonimo. Nel 1475 lo ripubblicò a Venezia aggiungendo le note e il suo nome. Trascrive in latino tutte le ricette originariamente scritte in lingua volgare da Maestro Martino, nel suo Manoscritto e lo colloca degnamente tra i punti di riferimento della letteratura gastronomica italiana che proprio tra il XIII e XIV secolo comincia a lasciare il suo segno tangibile destinato a passare alla storia.

    La collezione Anton Mosimann

    Anton Mosimann è stato Maitre Chef des Cuisines al Dorchester Hotel  di Londra per trent’anni, ricevendo due stelle nella Guida Michelin. Dopo aver lasciato il Dorchester Hotel ha creato un club di ristorazione privato chiamato Mosimann’s, sempre a Londra. Ha fondato una scuola di cucina e altre imprese nel settore dell’ospitalità.
    Ha contato tra i suoi ospiti teste coronate, politici, presidenti e celebrità dello spettacolo di tutto il mondo. Ha cucinato per sette primi ministri inglesi, da Margaret Thatcher a David Cameron, e per quattro generazioni della Casa Reale inglese, curando anche il menù nuziale del principe William e di Catherine Middleton nel 2011.

    Pochi sanno che possiede una collezione di ricettari unica al mondo: 6000 volumi che offrono un’incredibile panoramica sulla storia dell’arte culinaria degli ultimi cinque secoli. La raccolta comprende anche il De honesta voluptate et Valetudine, il primo libro di cucina stampato dal Platina (Bartolomeo Scacchi), nel 1477. È considerato il primo testo gastronomico stampato e sarà presente in due edizioni del 1516 e del 1530 all’esposizione del Museo storico etnografico Valle di Blenio, sede a Lottigna.

    La rivoluzione di Martino

    La prima rivoluzione è il criterio di stesura delle ricette, influenzando i destini della cucina italiana: prima di lui i ricettari erano rivolti agli addetti ai lavori. Maestro  Martino invece si rivolge a cucinatori non esperti, fornendo indicazioni dettagliate, ricettari da pari a pari si direbbe oggi. I ricettari erano dei semplici promemoria ad uso di cuochi che sapevano già cosa cucinare, scritti da cuochi per cuochi, con linguaggi essenziali, perchè bastava loro un semplice promemoria per riproporre preparazioni e ricette, anche senza l’elencazione precisa di tutti gli ingredienti, delle quantità e dei procedimenti.

    Martino vuole indirizzarsi a tutti, vuole essere comprensibile a ogni lettore, specialmente se non è cuoco. Un segno tangibile di questa caratteristica sono i tempi di cottura, “uno o doi Pater Noster, un Miserere”, uno “strumento” (le preghiere) conosciuto da tutta la plebe.