Cosa ha rivoluzionato Martino de Rubeis
Nel suo Manoscritto Maestro Martino si rivolge a coloro che non sono esperti di cucina, non si limita a indicazioni in forma basilare su ingredienti e modi di preparazione.
Recupera il gusto originale delle materie prime, come ortaggi evitando l’abuso di spezie, com’era d’abitudine nella tradizione medioevale quando le spezie, e la loro abbondanza, simboleggiavano la ricchezza e la potenza del padrone di casa.
Risulta indipendente, lontano dai libri di cucina più antichi, non solo nello stile, ma anche nella disposizione e nella composizione delle ricette. Si ritrovano dunque in lui molte pietanze simili, ma mai le stesse ricette.
Usa termini come stemperare, battere, sminuzzare: operazioni delicate, non contemplate dalla gastronomia medievale, che era orientata intorno allo spiedo e ai calderoni. Ora sappiamo in che modo rimestare e girare, sappiamo cioè che il ritmo fa parte della sapienza e dell’invenzione.
Le verdure
Martino porta le verdure sulla tavola dei nobili, considerate cibo per la plebe. Abituata a mangiare grandi quantità di carne, la nobiltà scopre, con il cuoco bleniese, il piacere delle verdure. Martino promuove la riabilitazione di fave, piselli, ceci, zucche, erbe, cavoli, fior di sambuco, finocchi, melanzane e altro ancora. Martino portò dagli orti alle tavole principesche cipolle, aglietti, prezzemoli, sedani, carote.
L’ordine nelle cucine
Martino introduce una gestione precisa e ordinata nelle cucine ducali e nobiliari.
Introduce pure alcuni attrezzi da cucina come la stamegna (o stamigna).
Scrive le ricette per tutti
La prima rivoluzione è il criterio di stesura delle ricette, influenzando i destini della cucina italiana: prima di lui erano dei semplici promemoria ad uso di cuochi che sapevano già cosa cucinare.i Erano rivolti ad addetti ai lavori, Martino si rivolge invece a cucinatori non esperti, fornendo indicazioni dettagliate, ricettari da pari a pari, si direbbe oggi.
La tempistica
Per la cottura indicava 1/8 di ora, mentre per la finitura indicava di recitare “uno o doi Pater Noster” oppure un Miserere.
“menare [il] brodetto] col chuchiaro tanto quanto dicessi doi paternostri”.
Martino vuole essere comprensibile a tutti, usando un’unità di misura conosciuta da tutti: le preghiere. Nessuno aveva pensato e scritto questo.
Gli strumenti della cucina – stamegna
Un attrezzo usato ancora oggi è la stamegna ( o stamigna) in alto a destra del disegno esiste la versione in stoffa.
Quella di rame e stagnata all’interno, veniva usata per filtrare grossolanamente delle salse e forse anche per passare verdure, legumi e carni cotte e morbide per ottenerne una specie di purea/massa (almeno credo di aver capito così leggendo dei passaggi in alcune ricette). Nella descrizione di una ricetta che ho trovato sul sito Italofilo di Candida Martinelli, viene anche usata per dare una forma particolare ad una pasta che veniva servita in brodo (tipo spätzli). Oggi questo utensile non è più in uso, esistono gli scolapasta, il colino cinese (per le salse) e la graticola da spätzli.
Quella di tessuto (solitamente di lino), veniva usata all’epoca come viene usata tutt’oggi per passare (filtrare) finemente salse, minestre, latte di cereali o per ottenere una purea fine di verdure o legumi cotti nonché di cereali (quando Martino nella descrizione dice: Passare nella stamegna con forza…).